Bullough Tom - 2014 - Il bambino che inventò le stelle by Bullough Tom

Bullough Tom - 2014 - Il bambino che inventò le stelle by Bullough Tom

autore:Bullough Tom [Bullough Tom]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858510483
Google: TdXEAgAAQBAJ
editore: Edizioni Piemme
pubblicato: 2014-02-17T23:00:00+00:00


Novembre 1873

«Ho una lettera per te, madame» disse Vera Valentinova in tono misterioso quando Konstantin la raggiunse al pozzo sul gelido imbrunire di una sera d’inizio inverno.

Attorno a loro c’erano lumi che ardevano nella taverna e nella chiesa di Santa Ekaterina. Una lanterna oscillava appesa alla cassetta di una grossa slitta che arrancava nella neve di via Nemeckaja, con il cocchiere imbacuccato fino agli occhi. Visto il caldo che faceva nella stanza, era raro che la lavandaia si prendesse la briga di mettersi più di uno scialle attorno alle spalle quando si recava al pozzo, eppure stava già tremando e, nell’issare il secondo secchio fino al suolo indurito, attaccò a tossire in maniera incontrollabile, mentre il sangue le infiorettava le guance.

Scostandosi il corno acustico dalla schiena, Konstantin si caricò il pesante bilanciere sulle spalle. Attese che Vera Valentinova si riprendesse e poi si diresse verso il cortile, dove una coppia di robusti uomini dagli occhi arrossati trascinava carcasse congelate dal mattatoio a una slitta che attendeva tra le gialle volte scavate dall’urina nella neve lurida sopra le cacche sparse.

Il corridoio puzzava come di animali in letargo. Konstantin avanzò a fatica accanto a un gruppo di ubriachi dagli stivali troppo grandi, a una madre e a una figlia intente a preparare sigarette con tabacco e cartine, a un sarto accovacciato su un vecchio pastrano, a donne grasse e dalle gambe corte che non sembravano avere altro di meglio da fare che fumare e pitturarsi la faccia. Una volta nella stanza, posò con sollievo i secchi a terra accanto alla stufa. Salutò con un cenno del capo Sof’ja, la figlia della lavandaia, che stendeva i panni in fitte file variopinte, e si ritirò nel proprio cantuccio, curioso di sapere chi mai potesse avergli scritto a quell’indirizzo quando, di solito, ritirava di persona le lettere che gli inviava mensilmente la famiglia all’ufficio postale di via Mjasnickaja, vicino alla biblioteca.

Il suo cantuccio aveva subito una trasformazione negli ultimi quattro mesi. Spendendo solo novanta copeche al mese per il pane, era stato in grado di mettere da parte dai cinque ai dieci rubli del suo sussidio, a seconda della generosità del padre, e la sua porzione di pavimento era salita quasi al livello del letto per le pile di vecchi libri acquistati al mercato Sucharev. Sul pannello divisorio era appesa una copia della tavola periodica, che gli era costata la bellezza di un rublo, mentre il misero scaffale ospitava diversi mozziconi di candela, un bruciatore a kerosene, un treppiedi, un supporto da laboratorio deformato, tre alambicchi anneriti e due file di flaconi contenenti mercurio, etanolo, limatura di ferro, cobalto, magnesio e diverse altre sostanze chimiche.

Sopra gli otto gruppi di elementi apparve Vera Valentinova dicendo qualcosa di inudibile, con una lettera nella mano ancora tremante.

La busta era di prima qualità, Konstantin lo intuì all’istante. Era rosa e di grana fine. Nonostante il puzzo del vapore e della biancheria, gliene arrivava ugualmente il profumo, che evocava tappeti e soprabiti foderati di seta. Scostandosi i capelli dagli occhi,



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